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  • Istituto DIRPOLIS

Missioni internazionali di pace Ue: presentati al Parlamento Europeo i risultati della ricerca coordinata dalla Scuola Sant’Anna

Publication date: 17.01.2017
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Migliorare la qualità del personale, incentivare e premiare chi va in missione, potenziare il legame fra formazione e reclutamento, avere contratti uniformi per il personale dispiegato e aumentare la comunicazione fra istituzioni sui procedimenti giudiziari contro chi commette reati mentre è in missione. Secondo la ricerca condotta all’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna e presentata al Parlamento europeo, a Bruxelles, sono questi i punti principali su cui gli Stati membri e Ue devono lavorare per migliorare la qualità delle missioni svolte nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc).

La ricerca è stata presentata in occasione di un workshop organizzato dalla sottocommissione Sicurezza e difesa del Parlamento europeo ed è stata coordinata da Andrea de Guttry, docente di diritto internazionale e direttore dell’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna. “Esiste un problema di comunicazione fra l'Ue e gli Stati membri su come vengono perseguiti i reati commessi durante le missioni”, ma anche “una problematica relativa al reperimento delle prove dei reati stessi, spesso commessi in zone difficili del mondo”, afferma Alberto Di Martino, docente di diritto penale alla Scuola Superiore Sant’Anna e componente del gruppo che ha elaborato la ricerca.

Attualmente le missioni Ue sono 16 e coinvolgono circa 7mila persone: 10 sono le missioni civili (2.500 persone), 6 quelle militari (4.500). “Nonostante alcuni progressi fatti, le procedure per la selezione e per il dispiegamento del personale restano lente e complicate”, sottolinea Annalisa Creta, assegnista di ricerca della Scuola Superiore Sant’Anna. In questo senso, per l'Italia “è molto importante” l'entrata in vigore il 31 dicembre 2016 delle disposizioni sulla partecipazione alle missioni internazionali, “'perché permette di guardare più al lungo periodo”. Dal 2003 al 2015, l’Italia ha inviato circa mille persone in missioni Psdc (Politica di sicurezza e di difesa comune) fra civili e militari, e ha attualmente 50 civili dispiegati sul campo.